LA NOSTRA CARTA DEI VINI
La carta dei vini comprende circa duecento etichette tutte siciliane, per lo più di piccoli produttori, con uno spazio dedicato a chi fa vini naturali. La lista comprende solo le cantine e le annate per le quali siamo più appassionati. Scopri la nostra carta, disponibile sia a Il Consiglio di Sicilia che all’enoteca La Grande Sete.
Piccola guida ai vitigni siciliani
La nostra cantina è molto piccola e ci costringe a fare rotazioni per poter dare visibilità e bevibilità a tutti i vini di cui ci siamo innamorati nelle nostre “indagini” a spasso per i vigneti tra Sicilia e isole minori. Vi accogliamo qui con una piccola guida ai vitigni siciliani autoctoni e alle etichette che sanno esprimerne la personalità.
CARRICANTE
Più che un vitigno, è il motore della rinascita vitivinicola dell’Etna. È l’anima e la spinta di tutti gli Etna Bianco di valore e qualità che il vulcano ci regala, sia puro (Pietramarina di Benanti, il primo grande successo enologico dell’Etna) sia in blend che rasentano la perfezione.

CATARRATTO
Anche se meno modaiolo di altri vitigni, è la prima uva coltivata in Sicilia. Dalla costa occidentale si è diffuso nell’agrigentino e nel palermitano dove dà prove eccellenti (12 Filari di Case Alte; Lustro di Abbazia San Giorgio), e anche sull’Etna dove sposa felicissimamente il Carricante in blend di grande espressività

CHARDONNAY
L’ubiquo Chardonnay si declina in siciliano con scioltezza ed eleganza, dall’Etna all’agrigentino (rispettivamente con Passobianco di Passopisciaro e con i vintage della Selezione di Famiglia di Milazzo).

GRECANICO DORATO
Il nome sembra alludere all’origine greca del vitigno. Farà felici i nostalgici che non trovano nella nostra carta un Sauvignon, con cui il Grecanico presenta alcune affinità aromatiche. Nonostante sia coltivato per lo più nella parte occidentale dell’isola, dà risultati notevoli sull’Etna, sia in purezza sia in blend.

GRILLO
Una volta, si coltivava solo nella parte occidentale dell’isola, ed era l’anima del Marsala. Di lì, il Grillo è dilagato di recente con la vitalità dell’ultima moda fin nel siracusano, nel messinese, nell’agrigentino, e naturalmente nella natia Marsala; declinato in bollicine intense e carnali (Terzia Via Riserva Cuvée di De Bartoli), in vini bianchi fermi ricchi di suggestioni (Olli di Feudo Maccari), in blend briosi con Zibibbo (Sole e Vento di De Bartoli), e persino con Nero d’Avola (Terza Via Rosé: bollicine supersicule con incredibili sentori di bacche scandinave).

INZOLIA
È il più antico tra i vitigni siciliani autoctoni; dà personalità e carattere a bianchi secchi e intensamente aromatici (Inzolia Vigna dei Fornelli di Feudo Montoni). In blend con lo Chardonnay si esprime in bollicine fascinosamente innovative (V38AG di Azienda Agricola Milazzo).

MALVASIA
Nell’immaginario collettivo la Malvasia è legata ai vini da dessert, ma in realtà questo vitigno, che nel Medio Evo conobbe una straordinaria fortuna declinato in vini dolci in tutto il bacino del Mediterraneo, oggi si esibisce anche in bianchi da pasto dai sentori fruttati e muschiati, sia in purezza (Occhio di Terra e Salina bianco di Caravaglio), sia in blend con Inzolia (Iancura di Hauner). E se gli dei greci bevevano qualcosa per accompagnare il dessert, e questo qualcosa era nettare, doveva somigliare moltissimo alla Malvasia Riserva 2015 Hauner.

MOSCATO DI ALESSANDRIA (ZIBIBBO)
Originario dell’Egitto, è felicissimamente approdato a Pantelleria, dove si esprime oltre che in passiti praticamente perfetti (Bukkuram Riserva 2000 di De Bartoli) in vini bianchi da pasto fruttatissimi e intensi (Orange di Abbazia San Giorgio). Ma anche da Marsala (Zibibbo di Nino Barraco) e da Messina (Casebianche di Enza La Fauci) questo vitigno magico ci trasporta tra visioni incantate di un antico oriente.

MOSCATO DI NOTO
Si coltiva in tutta la Sicilia sudorientale. Un tempo si traduceva solo in vini da dessert facili e immediati; oggi si declina in bianchi fascinosamente perversi, quasi ossidati (Salipetrj di Armosa) e in bollicine garrule e piacenti (Moscato Brut di Cantine Russo).

ALICANTE
Più che un vitigno, un pezzo di storia dell’isola: portato dai dominatori spagnoli, il cugino spagnolo del Grénache francese dà espressioni belle e pure (Arundo di Azienda Agricola Meridio) e blend molto promettenti con Frappato e Nero d’Avola (La Moresca Rosso di Filippo Rizzo).

CORINTO
Un archeo-vitigno che deve il suo nome ai coloni corinzi che lo portarono alle Eolie. Sensuale, vibrante di colore, indimenticabile (Corinto Rosso di Tenuta del Castellaro).

FRAPPATO
Sembra sia originario proprio dell’area di Ragusa, dove si esprime al top apportando una nota fruttata e leggiadra in blend con Nero d’Avola (Liama di Azienda Agricola Meridio) oppure in purezza (Frappato di Guglielmo Manenti). Ultimamente ha indossato il blasone dei vini di contrada (FL, PT, BB di Arianna Occhipinti).

NERELLO MASCALESE
Dalle pendici dell’Etna, è dilagato verso nord nel messinese (Terre di Vento di Enza La Fauci). Il vulcano gli regala longevità, grado alcolico e intensità. Noi ci siamo innamorati più e più volte ad ogni ascesa (I Nove Fratelli di Masseria del Pino, Riserva Trimarchisa di Tornatore, Riserva Archineri di Pietradolce). È bello scoprirne le diverse sfumature ad ogni nuova vendemmia. E che dire del Nerello Mascalese coltivato a Pantelleria, che vinificato in versione rosé racchiude tutti i profumi dell’isola? (Cloè di Abbazia San Giorgio)

NERO D’AVOLA
Un tempo, Avola era conosciuta solo per le mandorle e per le storiche rivolte dei braccianti. Ora è nota in tutto il mondo per il Nero d’Avola, che dopo essere stato utilizzato per secoli come vino da taglio per i grandi rossi piemontesi e francesi, oggi si esibisce in rossi di affascinante intensità (Syclis di Armosa, Saia di Feudo Maccari, Vrucara di Feudo Montoni, per citarne solo alcuni) in blend di medio corpo e gaia finezza con il Frappato (Liama di Società Agricola Meridio), nonché in eleganti, aeree bollicine (in blend con uve Grillo, nel Terza Via Rosé di De Bartoli).

NOCERA
Utilizzato quasi solo in blend insieme al Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Nero d’Avola, questo vitigno coltivato nel messinese sin dai tempi degli antichi romani è una delle quattro anime del Faro, che se fosse una musica sarebbe un fado siciliano (Oblì di Enza La Fauci).

PERRICONE (PIGNATELLO)
Ci piace la storia del suo secondo nome, Pignatello: deriverebbe dalle “pignatadare” ovvero dagli appezzamenti di terra rossa del Trapanese, una terra alluminosa che veniva utilizzata per fare le pignatte. Caduto in disgrazia per alcuni decenni, il Perricone, o Pignatello, è stato recuperato e valorizzato da alcuni produttori illuminati (Perricone Vigna del Core di Feudo Montoni; Perricone di Porta del Vento).

MARSALA VINTAGE
Dimenticate le scaloppine. I Marsala vintage della nostra selezione hanno la solennità e l’intensità dei grandi vini da meditazione. E sono tutti disponibili al calice! Dal Vecchio Samperi quarantennale di De Bartoli all’Aegusa 1964 di Florio, vi proponiamo un viaggio nel passato glorioso dell’isola, tra sentori di liquirizia, di cioccolato, di caffè. Trasformisti come i grandi amanti, regalano percezioni infinite e persistenza nel tempo e nella memoria.
